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Ipocondria

L’ipocondria è caratterizzata dal timore o dalla convinzione di essere affetti da una malattia grave basata sull’erronea interpretazione di sintomi somatici da parte dell’individuo, nonostante siano stati invalidati da opportune ricerche mediche. Guidano e Liotti (1983 ) affermano che l’immagine di sé, intorno alla quale i pazienti ipocondriaci costruiscono il senso della propria identità, è caratterizzata dalla credenza globale e generale di essere persone fragili, vulnerabili, deboli.

Essa si forma nella prima infanzia nell’ambito delle relazioni di attaccamento, che tendono a confermarla in modo ripetitivo e continuativo. L’immagine di debolezza che hanno di sé pervade sia il piano fisico che psicologico (tendenza a provare emozioni esagerate, difficilmente controllabili che possono portare alla sensazione di perdere la ragione). Spesso la preoccupazione dell’ipocondriaco viene valutata dallo stesso individuo come esagerata, ciò confermando l’immagine di sé come vulnerabile e debole.

 

Nella persona che soffre di ipocondria si possono riconoscere tre scopi fondamentali:

 

  • non essere malato;

  • non essere una persone debole e, connesso ad esso, non essere esageratamente ansioso;

  • essere prudente, cioè saper prevenire problemi più gravi (anche mediante il pensiero magico), e pertanto essere all’altezza delle proprie responsabilità.

 

Risulta evidente come gli scopi perseguiti dall’ipocondriaco siano caratterizzati da un’indefinitezza intrinseca e vengano definiti come anti-goal. Essi sono formulati come assenza di un male senza alcuna specificazione sull’oggetto ricercato: l’ipocondriaco cerca di non essere malato, di non essere debole, di non commettere imprudenze delle quali si dovrebbe altrimenti rimproverare. Sembra ambire ad essere perfettamente sano e nel pieno controllo delle proprie emozioni, alla ricerca dei beni assoluti, in realtà rifugge mali senza una meta specifica. L’indefinitezza dello scopo non permette al paziente di capire se e quando è al sicuro dalla minaccia di malattia e di tenere conto dei costi della persistenza, inducendolo a perseverare nello stato ansiogeno e ostacolando l’accettazione della minaccia di malattia.

 

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